GENOVA 15 LUG. Festa Nazionale della Repubblica Francese tragica nella placida e turistica Nizza. Oltre ogni immaginazione (ma neanche tanto) non serve ai terroristi islamisti un camion bomba carico di tritolo. Basta un autocarro frigorifero pesante per massacrare 80 civili inermi, uomini, donne bambini, intere famigliole a passeggio serale sulla Promenade des Anglais con sanguinoso corollario di almeno 100 feriti, di cui già 16 morti negli ospedali e altrettanti legati alle macchine biomedicali che li tengono in vita artificiale.
Siamo in guerra? E’ l’angosciante domanda che circola come un mantra da panico nelle teste di molti europei. Ma in guerra con chi? Il 31enne assassino di origini tunisine di Nizza con cittadinanza francese e da anni residente nel Paese transalpino non si è integrato?
L’integrazione qui c’entra poco. E’ ormai chiaro che l’ingarbugliato ed epocale conflitto Medio Oriente-Occidente si stia macchiando di fiumi di sangue ben oltre le deserte e assolate pianure siro-irachene, le alture turco-libanesi, lo splendido e ricco di storia millenaria Egitto, l’affocata Libia post-gheddafiana dove il territorio è marcato dalle golose aree petrolifere e dalla costa mediterranea usata dalle mafie locali come “pontile d’imbarco” orririfico per centinaia di migliaia di fuggitivi dall’inferno africano dove bruciano le fiamme delle dittature e dello strapotere dei governi “familistici” locali che tengono in scacco le loro popolazioni come in un carcere a cielo aperto e dove la nobile parola “democrazia” probabilmente dai tempi coloniali ad oggi non ha mai allignato.
E l’Europa è la “prima linea” di pericoloso “war-game” il controllo del cui joystick pare sfuggito di mano ai potenti del Vecchio Continente e a rimetterci la vita stanno diventando in troppi tra i cittadini europei.
Notizie più che fondate dicono che l’autoproclamato e fantomatico Califfo Abu Bakr Al.Baghadi a capo dell’Isis sia un 45enne, o giù di lì, di cittadinanza arabo-israeliana, cioè con Passaporto di Tel Aviv. Certo le facili dietrologie fanno capolino alla porta dell’ufficio del redattore immaginifico, ma…non è la prima volta che Israele studia e applica manovre impervie e geopoliticamente scientifizzate pur di destabilizzare l’area Mediorientale in modo da mantenere più alta possibile l’attenzione sulla propria causa di centralizzazione del potere in quella che nei libri di storia scolastici viene illustrata come la “Mezzaluna Fertile”.
Siamo molto lontani dall’affermare che lo Stato Israeliano sia “l’eminenza grigia” che gestisce alla meno peggio (o alla meno meglio) il caos in cui è piombata l’area vasta Mediorientale, ma…quello che balza agli occhi è che la situazione in atto sia un “futuro” diventato un più che inquietante “presente”. Un presente di devastazione e morte dove si sono slatentizzate tutte le micro e macro problematiche che “assediano” mentalmente, religiosamente, militarmente popoli di etnie e costumi i più differenti che negli ultimi 5 anni sembrano essere stati liberati dalle “gabbie” del controllo economico e politico delle grandi potenze, Usa in testa, e poi quelle europee.
E poi, e poi c’è il lugubre mercato mondiale delle armi, leggere, pesanti, logistiche, missilistiche, gli innumerevoli sciorinamenti di mine antiuomo, anticarro, antitutto, razzi da spalla Rpg, munizionamenti di ogni dimensione, potenza e tecnologia da far invidia al più “disastrato guerrafondaio mentale” di un manicomio che si crede Hitler. E poi c’è il cinico mercato mondiale della droga (c’è solo da scegliere) che viaggia sui mercantili di mezzo mondo con la tecnica del “carico civetta” intercettato dai tutori dell’ordine su soffiata che precede la “nave madre” piena zeppa di containers di stupefacenti che ammorbano e sgretolano i cervelli dei nostri giovani a cui “qualcuno” ha tolto la speranza di un giusto e sano futuro professionale familiare. E quindi il gusto della vita.
Di ieri stesso la notizia (la cui strage nizzarda ne sarebbe la vendetta , n.d.r.) della possibile morte in Siria o in Iraq di uno dei più influenti capi-militari Isis, il ceceno-musulmano dalla folta barba rossa di nome di battaglia Al-Sistani, già alleato e doppiogiochista dei russi nella guerra caucasico-georgiana dell’infuocato agosto 2008 per la tentata secessione dell’Ossezia del Nord dalla Federazione Russa di un Putin che non ebbe alcuna esitazione a travolgere gli Osseti sia del Nord che del Sud (territorio in mano a Tblisi già dal 1992), Una guera neanche tanto lampo che rese un deserto di distruzione e morte il capoluogo osseto del Nord Tsikhinvali anche per riappropriarsi senza indugio della città-simbolo natale di Stalin, la placida di tigli Gori. Tutto finì in 23 giorni di aspre battaglie tra i georgiani sostenuteti e armati dai francesi e le truppe d’élite degli Spetnaz di Mosca, ormai alla porte di Tblisi.
E’ ora che l’ONU cerchi di svincolarsi dalla ragnatela di pressioni dei più forti e dei “signori della guerra” e trovi la strada della deontologica neutralità e servizio alla risoluzione dei conflitti mondiali per cui era nata 70 fa…con le migliori intenzioni, s’intende.
Marcello Di Meglio
Leggi l’articolo originale: Strage di Nizza. I retroscena di un massacro. Editoriale di Marcello Di Meglio