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Cina e la vergogna laser per i telefonini negli spettacoli

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In Cina vengono usati i puntatori laser per chi usa il telefonino durante lo spettacolo

PECHINO. 24 MAR. Quante volte ci siamo trovati in un teatro durante uno spettacolo ad essere disturbati dalla luce di un telefonino del vicino che fotografa una scena?

In Cina, dal 2008, hanno adottato un sistema nei teatri od in altri luoghi piuttosto efficace che, per taluni potrebbe essere inquientante, ovvero la segnalazione con un raggio laser.

Così durante una performance, uscieri dotati di puntatori laser controllano il pubblico e quando vedono un telefono cellulare acceso, invece di precipitarsi verso lo spettatore, lo segnalano con un puntatore laser, solitamente di colore rosso o verde, dirigendo il raggio verso lo schermo luminoso fino a quando l’utente desiste colpito da una specie di “vergogna laser”.

E se c’è stato un certo successo dell’iniziativa con gli spettatori che hanno desistito dall’uso dei telefonini, si sono sollevate non poche polemiche.

Se, infatti, la luce dello schermo di un telefonino può dare fastidio nella visione di uno spettacolo, quello di un punto luminoso rosso o verde può creare inquietudine ed è ancora più fastidioso.

E’ come se qualcuno puntasse una pistola contro il pubblico; i mirini laser sono, infatti, una caratteristica popolare sulle armi da fuoco.

Non solo, il rischio per la persona è se il fascio luminoso colpisce l’occhio. Così diverse compagnia che sono giunte in Cina hanno chiesto ai responsabili delle sale di spettacolo di non utilizzare i dispositivi durante le loro apparizioni.

Pro e contro l’uso dei puntatori laser? Se il pubblico può sentirsi infastidito, gli attori in linea di massima hanno detto di apprezzare il gesto e gli organizzatori degli spettacoli dichiarano che questo sistema come deterrente ha avuto il successo con una decisa diminuizione del pubblico che usa il telefonino durante lo spettacolo.

Insomma per non cadere nella “vergogna laser” e nelle polemiche basterebbe solo gustarsi lo spettacolo senza doverlo fotografare a tutti i costi e chissà che il sistema non venga adottato anche nei nostri teatri. L.B.

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